“La Dieta Persona”
Tiziana Stallone
Tre60 2018 cartaceo
Conosco l’autrice e questo rende piu complicata la recensione.
In campo biomedico si usa un termine quando qualcuno guarda i dati senza essere obiettivo: bias. In italiano lo traduciamo con pregiudizio ma non è una traduzione perfetta, perché nella nostra lingua pregiudizio ha un significato solo negativo, bias risponde più alla traduzione dell’etimologia pre-giudizio: avevo un mio parere prima ancora di vedere i fatti e questo ha rovinato la mia obiettività. Poteva anche essere un parere positivo, non solo negativo.
Ecco, su questo libro ho un bias positivo, conosco Tiziana e mi piace molto. E il libro assomiglia tantissimo a lei. Dovevate saperlo prima di leggere cosa ne penso.
Il libro si apre con una corposa parte molto chiara di spiegazioni sul perché non dimagriamo e, soprattutto, sul perché ingrassiamo. Cenni di fisiologia della nutrizione, del metabolismo e del tessuto adiposo, spiegati in modo molto comprensibile senza che sia banalizzato alcun concetto. Il concetto di personalizzazione viene ribadito in continuazione, e concordo totalmente che sia la chiave per aiutare qualsiasi paziente arrivi nei nostri studi.
La seconda parte del libro descrive, anche grazie al pregevole aiuto dello psichiatra Domenico Mazzullo, quattro tipi di mangiatore. Che non vi anticipo, ma vi dico già che mi sono riconosciuta in uno anche senza essere sovrappeso.
Per ogni tipo di mangiatore abbiamo una bella introduzione, per capirlo o capirci e un’idea di dieta, uno schema ben personalizzabile per ciascuno.
Lo consiglio a tutti i colleghi: i giovani, perché possano subito capire che i quello che le università insegnano non sempre si ritrova nella pratica di ogni giorno; i più esperti che magari oramai, annoiati da anni di esercizio della professione si sentono senza stimoli; gli innamorati del nostro lavoro, ma anche i delusi e arrabbiati, c’è molto amore per ciò che studiamo e facciamo e per i pazienti in queste pagine.
Lo consiglio ai pazienti, perché possano magari capirne di più sulle basi di quello che succede quando mangiamo.
In questo periodo in cui di nutrizione parla chiunque dicendo qualsiasi cosa e con qualunque mezzo di divulgazione, credo che nozioni vere, spiegate bene, ma alla portata di tutti, siano una ventata di chiarezza.
A tutti lo consiglio sperando che si riconoscano nei tipi descritti – o in mescolanze di questi tipi. Se vi capita, mi fate sapere che tipo di mangiatore siete?
“Dottoressa, come si fa a non ingrassare in ferie?”
“Divorate libri e non cibo”
Recensione a reti unificate insieme agli amici di Libri a Km0 de “Il mio lungo viaggio. 90 anni di storie vissute” – Piero Angela.
Il mio lungo viaggio. 90 anni di storie vissute
“Breve storia di chiunque sia mai vissuto. Il racconto dei nostri geni”
Adam Rutherford
Bollati Boringhieri Editore 2017 cartaceo, ebook.
Adam Rutherford è un divulgatore scientifico che viene dalla genetica, in questo bellissimo libro racconta le ultime scoperte in campo genomico sull’uomo.
A partire dal progetto Human Genome fino agli ultimi studi di genomica umana, Rutherfod ci porta in un viaggio lungo quanto quello dell’umanità.
Passa in rassegna varie tappe della storia della Biologia dell’Uomo, raccontandoci di personaggi famosi, degli sviluppi della genomica.
La storia evolutiva dell’uomo è infatti ancora non del tutto conosciuta e qualsiasi nuovo reperto che contenga DNA estraibile e replicabile, insieme a tutte le nuove tecniche di indagine sui geni, aiuta i ricercatori a saperne di più.
Per me è stato un ritorno a casa, a quando mi occupavo di Biologia dell’Uomo, quando le prime tecniche avanzate di genomica si stavano applicando ai nostri predecessori, ricordo ancora quando vidi in anteprima, in un’atmosfera da riunione carbonara, custodito gelosamente in una valigetta piena di imbottitura, il frammento di mignolo di quello che sarebbe poi stato classificato come Homo denisoviano.
Da allora la genomica ha fatto tantissima strada, sia per quanto riguarda le tecniche, sia per quanto riguarda l’interpretazione dei risultati.
Qualcosa, però non è cambiato, anzi, non cambia dal 1972, quando Lewontin pubblicò il suo fondamentale paper sulla ripartizione delle proteine nei gruppi sanguigni in varie popolazioni, dimostrando che la variabilità genetica (le differenze genetiche) è più alta all’interno di una popolazione che tra due popolazioni differenti: siamo tutti appartenenti a un’unica specie, le razze umane non esistono.
La seconda cosa che tutti i test genetici fatti negli anni, con qualsiasi tecnica, vecchia o nuovissima, continuano a dimostrare è che la nostra incredibile e affascinante storia è iniziata in Africa.
Lo consiglio a tutti: colleghi, studenti e anche a chiunque voglia capirne un po’di più su noi stessi.
Vi lascio con l’incipit del libro.
“Questa storia parla di voi. È il racconto di chi siete e di come siete venuti al mondo. È la vostra storia individuale, perché il viaggio della vita che fa tappa presso la vostra esistenza è unico, come lo è per ogni persona che ha respirato su questa Terra. Ed è anche la nostra storia collettiva, poiché, in quanto rappresentanti dell’intera specie umana, ognuno di noi è allo stesso tempo ordinario ed eccezionale. Malgrado le differenze, la cosa singolare è che tutti gli esseri umani sono tra loro parenti stretti e il nostro albero genealogico è un albero cimato, intricato, che a un albero assomiglia poco e niente. Ma noi siamo il suo futuro.”
“Il mito della dieta – la vera scienza dietro a ciò che mangiamo”
Tim Spector
Bollati Boringhieri Editore 2015 cartaceo, ebook.
Tim Spector è il fondatore del Registro dei Gemelli inglese, professore di Epidemiologia a Londra, capo sperimentatore del British Gut project. Dopo un malore in alta quota, scoprì di avere problemi di pressione alta, nonostante fosse in forma e conducesse una vita attiva.
Grazie a questo episodio, decise di mettersi a dieta, ma, da bravo scienziato,si rese presto conto che quello della nutrizione era un campo pieno di contraddizioni, informazioni date per vere senza essere dimostrate, nuovi dati poco considerati e iniziò così a volerne sapere di più sul suo ruolo nella salute dell’uomo.
Il libro, i cui capitoli seguono i nutrienti riportati nelle etichette alimentari, ci porta tra studi scientifici, vecchie idee dietologiche e nuovi scenari.
L’incontro dell’Autore con il grande universo del microbioma ha fatto sì che nascesse il British Gut, il grande registro inglese sui microbiomi intestinale, orale, cutaneo. Potendo accedere anche al Registro Gemelli UK, del quale è responsabile, ha egli stesso testato alcune ipotesi sulla centralità del microbioma umano nelle differenze metaboliche e fisiologiche degli esseri umani
Anche Spector, infatti, riconosce a questo enorme e complesso ecosistema che ci portiamo in giro e senza il quale non saremmo ciò che siamo, un’importanza essenziale per la vita dell’Uomo, in salute e in malattia, in obesità e in magrezza.
Il libro è molto interessante e ben scritto, ogni passaggio è ben documentato da dati scientifici solidi. Non lo consiglierei a tutti vista la complessità, ma credo che sia di profonda utilità per i miei colleghi e per gli studenti che si stanno preparando a diventare professionisti della nutrizione.
“Einstein al suo cuoco la raccontava così”
Robert L. Wolke
Universale Economica Feltrinelli 2010 cartaceo
Robert Wolfe è professore emerito di chimica alla University of Pittsburgh, teneva una rubrica su chimica, cibo e cucina sul Washington Post ed è conosciuto fuori dagli USA principalmente per i suoi libri di divulgazione scientifica.
“Einstein a suo cuoco la raccontava così” è una raccolta di domande che il professor Wolke ha ricevuto al Washington Post dai lettori della sua rubrica Food 101 e delle risposte che aveva dato.
Scopriamo quindi tante curiosità relative alla chimica degli alimenti, a quella delle tecniche di cucina e alla chimica-fisica della cottura, spiegate in modo comprensibile a tutti e organizzate per macro argomenti. Il libro contiene inoltre un discreto numero di ricette, ideate dalla moglie dell’autore, cuoca professionista.
Lo stile di Wolke è brillante, a volte tagliente, come spesso accade con i divulgatori scientifici made in USA. Le sue risposte sono sempre esaurienti e molto chiare, il livello delle domande e delle risposte è quello dell’uomo della strada. Ed è il punto di forza del libro, a mio parere.
Consiglio il libro ai lettori più curiosi e ai miei colleghi che si vogliano avvicinare alla chimica-fisica dei fornelli e alle tecniche di cucina.
Per gli appassionati di questi argomenti con conoscenze più avanzate può essere una piacevole lettura disimpegnata da avere in biblioteca, che non accrescerà il vostro sapere in questi ambiti.
Quanta plastica finisce nel pesce e quali sono i rischi potenziali per l’uomo?
Il nuovo articolo per la settimana n. 7 del progetto #SaveHumansThursday, 54 settimane per parlare dell’impatto ambientale del cibo su Francesca De Filippis – Biologo Nutrizionista Bologna e Dott.ssa Livia Galletti Biologo Nutrizionista
Vi aspettiamo giovedì prossimo!
#SaveHumans #SaveHumansThursday #giovedìsalviamoci #spesaconsapevole #ciboconsapevole #mangiareconsapevole #cibovero #ecocibo #EcoNutrizione
http://ecobriciole.blogspot.it/2018/01/microplastiche-in-mare-parte-2-dal.html
54 settimane con #SaveHumansThursday per parlare dell’impatto ambientale del cibo su
Francesca De Filippis – Biologo Nutrizionista Bologna e
Dott.ssa Livia Galletti Biologo Nutrizionista
Eccoci alla #settimana6: quanto impatta la nostra amata tazzina di espresso sull’ambiente?
Pullulano negozi specializzati in vendita di macchinette espresso e delle relative capsule, di macchinette polifunzionali che funzionano a capsule, cialde e polvere, la vendita delle moka per uso domestico resiste, così come quella di polveri macinate apposta per queste classiche macchientte per il caffè, i bar continuano a servire i loro espresso preparati con miscele di polveri create apposta per loro.
Gli estimatori delle capsule non vogliono più farne a meno, la forza di questo prodotto sta nel marketing, nella varietà di aromi e anche di contenuto in caffeina che si può trovare. Alcuni hanno noleggiato per la casa o l’ufficio macchinette che funzionano a cialde, che sono fornite in comodi abbonamenti periodici insieme alla manutenzione.
Altri ancora hanno a casa la vecchia macchinetta espresso che va a polvere, ma che può usare anche le cialde.
Ci sono poi i duri e puri della moka (io sono tra questi, toglietemi la mia moka rossa e diventeremo nemici) che usano la polvere che comprano al supermercato o cercano miscele sempre nuove che cambiano a seconda dell’occasione – indovinate io a quale delle due categorie appartengo?
Tutti i dati ufficiali sulla tipologia di caffè consumato a casa (IRI, Lavazza) confermano che nel 2015 la vendita di capsule rispetto alla polvere per moka era in importante crescita nel 2015, ultimo anno di rilevazioni che mi è stato possibile trovare, fino a un + 20%, che significa 1/5 in piu di capsule vendute rispetto al totale dell’anno precedente. I dati presentati a novembre 2017 al Convegno Nazionale “Gran Caffè Italia”del Comitato Italiano del Caffè (www.comicaf.it), evidenziano un ulteriore crescita del 17% rispetto al 2015 per il mercato delle capsule. Secondo questi ultimi dati, gli italiani restano il popolo della moka, anche se la percentuale di consumatori per questo settore è progressivamente calata dal 85,2% del 2009 al 70,5 % del 2016
Ma come sarebbe meglio che ci preparassimo il caffè per cercare di aiutare l’ambiente?
Partiamo dalle capsule, nonostante l’alluminio, la plastica e la porzione di caffè contenuta nella capsula siano tre materiali differenziabili se separati, combinati nella capsula sono da conferire nei rifiuti misti indifferenziati. E anche se alcune aziende si sono attivate per ideare e commercializzare capsule compostabili o completamente differenziabili, questo non è del tutto sufficiente: prima di arrivare al momento della differenziazione in pattumiera è importante ridurre i rifiuti che si producono. In media, una capsula ha 3 grammi di rifiuti ogni 6 grammi di caffè
Le cialde, che sono di solito costituite di una garza compostabile, infatti, sono ecologicamente meno impattanti delle capsule, ma comunque costringono a produrre una quantità di rifiuto superiore alla sola polvere di caffè
Anche economicamente, i costi sulla spesa mensile sono molto diversi. I dati Nielsen del 2014 riportavano che il caffè in polvere aveva un prezzo medio di 9,84 €/kg, mentre le capsule di 37,69€, i prezzi delle casule sono calati, ma restano costose.
Con un pacco di caffè per moka da 250 grammi di polvere si ottengono circa 33 tazzine di caffè. Il caffè del supermercato ha un prezzo medio intorno ai 4,50-5,00€ per pacco, che significa 0,14-0,15€ a tazzina.
Il costo del caffè in cialde va circa dagli 0,20 agli 0,50€ per unità e quello delle capsule sta tra gli 0.20 e gli 0.60€, ma anche arrivassero a 0,14€, resta il problema dei rifiuti in più prodotti.
Un conteggio molto rapido sulla quantità di rifiuto prodotta dalle capsule è questo: 250 capsule pesano circa 1 kg. Se nel mondo ogni anno vengono consumati circa 10 miliardi di caffè dalle capsule, si produrranno 120 000 tonnellate di rifiuti, la maggioranza dei quali in Europa.
Una capsula di caffè di una nota marca, ha il diametro superiore di 3,6 centimetri, che per 1 miliardo di capsule fa 36000 km di capsule se le mettiamo in fila. La circonferenza della Terra è poco di più, circa 40 mila km, quindi in un anno si buttano via capsule per quasi lunghezza delll’Equatore del nostro pianeta.
Riassumiamo?
Il caffè in capsule è nettamente più costoso per l’ambiente e anche per il nostro portafogli, riflettiamo sull’opportunità di tornare a consumarlo in polvere.
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Francesca De Filippis – Biologo Nutrizionista Bologna e
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Eccoci alla #settimana4: quanto impatta la nostra amata tazzina di espresso sull’ambiente?
“A che bell’ò cafè
pure in carcere ‘o sanno fa
co’ à ricetta ch’à Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà”
Così cantava De Andrè in una sua famosissima canzone (Don Raffaè).
Questa bevanda calda, nera, stimolante e profumatissima è uno dei classici irrinunciabili per gli italiani.
Per di più, da tempo ormai, si conoscono le sue proprietà antiossidanti e protettive per la salute di cuore e cervello.
Insomma, il caffè è un compagno amatissimo per la vita di molti di noi.
Ma che impatto ha sull’ambiente?
Oggi parleremo solo dell’aspetto produttivo della polvere, in un’altra occasione dei diversi modi di consumarla.
Il caffè è un arbusto sempreverde con foglie lunghe verde scuro e fiori bianchi che iniziano a fiorire solo dopo il terzo anno di vita della piantina. In alcune zone del mondo fiorisce tutto l’anno, per esempio in Colombia e viene coltivato in climi tropicali e sub tropicali.
Ne esistono diverse specie, più di 80, ma le predominanti sono 2, l’Arabica e la Robusta.
Il 60% della produzione di caffè è di Arabica, che viene coltivata in America Centrale e in Sud America e in Africa orientale.
Robusta copre circa il 40% della produzione e le sue piantagioni si trovano in Africa e Asia ai tropici.
Il caffe Arabica ha un gusto piu aromatico e dolce di quello Robusta, che invece tendono ad essere più acidi ed erbacei.
Nelle miscele espresso si trovano entrambi, in percentuali diverse a seconda dei produttori e delle linee di prodotto.
I suoi frutti sono denominati drupe in botanica e assomigliano a delle ciliegie, rosse quando mature
Dopo la raccolta, le drupe vengono trattate e da queste si ricavano i chicchi, che sono verdi. I chicchi verdi vengono esportati, venduti alle borse del caffè di New York e Londra, venduti da queste a degli importatori, rivndute ai torrefatori. Nelle torrefazioni i chicchi vengono tostati, macinati e miscelati e solo in questo momento della sua vita il caffè assume la forma che conosciamo. Dopo altri passaggi, oppure direttamente dalle torrefazioni se siamo così fortunati da poterlo comprare lì, il caffè arriva nella nostra dispensa.
È un lungo viaggio quello che compie!
Tutto il ciclo, dalla semina, all’arrivo nelle nostre case ha un costo importante sull’ambiente
Lo studio di WWF del 2012, Market Transformation, ha stimato, tra le altre, queste cifre per ogni kg di caffè tostato:
10 kg di gas serra emessi
4 metri cubi di acqua utilizzata
17 kg di rocce, sedimenti e minerali erosi.
La coltivazione intensiva di caffè ha inoltre colpito in modo distruttivo zone quali Amazzonia, aree dell’Africa Centrale, la zona dei laghi del Rift, sempre in Africa, Borneo e Sumatra in Asia e regioni della Nuova Guinea.
Inoltre, come detto sopra, le specie di caffè in natura sono circa 80, ma solamente 2 hanno preso il sopravvento, riducendo la biodiversita di questa pianta.
La biodiversità è un aspetto importantissimo per l’ambiente e per il futuro: più biodiversità c’è, più l’ambiente prospera in equilibrio e riesce a tamponare le eventuali calamità; più biodiversità c’è e più persone possono nutrirsi adeguatamente.
Riassumiamo?
Il caffè è una bevanda che piace a molti e l’espresso é un emblema della cucina italiana. Però, la sua produzione e il suo approvvigionamento hanno un costo ambientale e sulla biodiversità altissimo.
Cerchiamo di consumarlo in modo consapevole: accorciamo la filiera cercando di comprarlo con meno intermediari possibile, scegliamo polveri da coltivazioni il più possibile sostenibili e che magari garantiscano un equo compenso ai lavoratori delle piantagioni.
Continuate a seguirci!
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54 settimane con #SaveHumansThursday per parlare dell’impatto ambientale del cibo su Francesca De Filippis – Biologo Nutrizionista Bologna e
Dott.ssa Livia Galletti Biologo Nutrizionista
Gli oceani sono impoveriti dal sovrasfruttamento delle risorse ittiche, conosciuto anche come overfishing, una delle più grandi minacce agli ecosistemi marini. Secondo le Nazioni Unite fra 40 anni potrebbero non esserci più pesci negli oceani. Dobbiamo dunque rinunciare al pesce? No, ma imparare a consumarlo con intelligenza.
http://ecobriciole.blogspot.it/2018/01/settimana-3-savehumansthursday.html
#settimana2 : come non sprecare cibo al Cenone di Capodanno.
Gli ultimi dati dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg (sprecozero.it) riportano che a Natale abbiamo la percezione di sprecare tanto: denaro e cibo. In particolare, che il 42% degli italiani sente di sprecare tanto cibo. I dati oggettivi dell’Osservatorio ci dicono che sprechiamo circa 145 kg di cibo ogni anno per ogni famiglia, per un totale di circa 360€/anno. Le ultime stime FAO (2016) quantificano in 8,8 milioni di tonnellate/anno la quantità di cibo sprecata in Italia.
Secondo i dati del Codacons, durante le Festività natalizie, ogni famiglia italiana sprecherà 24€ di cibo, il 20% di quello che ha acquistato per imbandire le proprie tavole in questi giorni.
Questo spreco non è solo economico, ma si riflette sull’ambiente e sulle popolazioni che hanno problemi di approvvigionamento di cibo. Se la terra coltivata coinvolta nello spreco alimentare fosse una nazione, sarebbe al secondo posto come superficie globale con 1,4 miliardi di ettari (FAO, 2011)
Come contrastare allora questo fenomeno partendo dalla nostra quotidianità?
Con Save Humans Thursday vogliamo darvi piccoli suggerimenti attuabili perché possiate adottarli nella vostra quotidianità e farli diventare abitudine.
Tra tre giorni torneremo a sederci tutti a tavola per festeggiare la fine dell’anno e accogliere il 2018. Nuovamente, saremo circondati da cibo in abbondanza, per la maggior parte di noi troppo abbondante, sia per il portafoglio che per il nostro stomaco.
Ricordiamo che ogni pasto che consumiamo inizia nel carrello della spesa e partiamo anche noi da lì, dalla lista della spesa, è indispensabile farla!
Scriviamo dunque una lista della spesa per il cenone ragionata, partendo da due domande:
quanti saranno i commensali?
cosa devo preparare? (per esempio: gli antipasti, il primo, i dolci, …)
Poi calcoliamo bene le dosi per ogni piatto tenendo a mente che ci saranno anche tutte le altre portate. Spesso, soprattutto se ogni invitato porta qualcosa, si tende ad abbondare per paura che non ci sia abbastanza da mangiare per tutti e ci si ritrova con cibo per il doppio degli invitati a cena, questo porta a uno spreco garantito.
Esempi di dosi, da tavola delle Feste, ad adulto:
50 g di antipasto per due antipasti
90-110 g di pasta o riso, con 40-50 g di condimento
140-170 g di secondo di carne e 200 g di secondo di pesce
150 di contorno
50 g di legumi (le lenticchie del buon augurio)
50 g di pane
60-80 g di dolce, se siete molto golosi, moltiplicato per i dolci presenti.
3 mandarini
40 g di uva per il brindisi
Vi abbiamo appena composto un cenone standard e molto abbondante.
Se potete evitate primizie e frutta esotica: fanno lievitare lo scontrino della spesa, hanno un impatto notevole sull’ambiente a causa del metodo di coltivazione e dei trasporti e non hanno neanche chissà che buon sapore.
Riassumiamo?
Sprechiamo tanto a tavola e con un minimo di organizzazione possiamo almeno limitare, se siamo bravi anche eliminare, questo fenomeno e a quel punto pensare a come spendere i 360€ che risparmieremo in un anno!
Durante le Feste #pianifichiamolaspesa e #organizziamoilmenù!
Vi aspettiamo giovedì prossimo!
Buon Anno!
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