Oggi di parlo di Foodoteka, di quercetina, di capperi e di cucunci.
Foodoteka è un sito si ecommerce che si occupa di Cibo sano e genuino di altissima qualità.
Hanno anche un blog, si chiama Infoteka e nella sezione Alimentazione e Salute puoi trovare i contributi miei, del Professor Enzo Spisni dell’Università di Bologna e della Dottoressa Veronica Imbesi, mia cara collega e amica. Insieme, siamo i componenti dell’FSB, il Foodoteka Scientific Board.
In questo caldo mese di luglio, ho parlato di Quercetina a tavola e del perchè capperi e cucunci sono dei preziosi alleati per la nostra salite.
Nel nostro paese, in particolar modo in Sicilia, la storia dei capperi si perde nella notte dei tempi, tanto che non siamo in grado di stabilire una data per l’incontro tra gli esseri umani e questa pianta così importante per le nostre tradizioni a tavola e per la nostra salute.
A me piacciono molto i capperi e i cucunci (che sono il frutto del cappero) e li vedo come uno dei simboli più importanti della vera alimentazione in stile mediterraneo.
Li consumo molto spesso: i capperi in varie ricette, non solamente come aggiunta saporita all’insalata e i cucunci non solo all’aperitivo. I capperi possono essere inseriti in piatti di carne e di pesce, nei piatti unici con verdure e cereali, sulla pizza, … I cucunci, possono essere una merenda estiva, stanno bene nelle insalate, nei piatti unici, con il pesce. Insomma, sono due ingredienti molto versatili che aggiungeranno gusto e quercetina ai tuoi piatti.
Mi dispiace molto che qui a Bologna non si trovino le foglie della pianta del cappero, che ho mangiato diverse volte in Sicilia, dove si usano appena scottate in piatti principalmente di pesce.
Puoi leggere qui quello che ho scritto e poi fammi sapere cosa ne pensi nei mei canali social:
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Purtroppo nel nostro paese esiste ancora una narrativa non corretta dal punto di vista della salute sul vino.
Il settore enologico è sicuramente una parte importante della nostra economia, sia per quello che riguarda l’indotto interno che quello dell’export.
È buono il vino! Eccome. Sto parlando del vino di qualità, ovviamente.
In una bottiglia di vino troviamo un intero mondo: l’uva, le altre specie vegetali, il suolo, gli insetti, le muffe, le tradizioni, le tecnologie, la cultura, la storia del territorio, le relazioni interpersonali, lo studio, le sperimentazioni, le scelte, le conoscenze di chi lo produce.
Abbiamo la stagionalità, il rispetto della terra, delle piante, la conoscenza della fermentazione, …mille e mille altre cose che ora sicuro dimentico.
Quindi, no, non sono astemia e non ce l’ho col vino, anzi.
Questo articolo si riferisce alla narrativa del vino rispetto alla salute e solo a questo.
Nella nostra cultura il vino è presente da prima di sempre credo, dai tempi degli antichi romani, abbiamo testimonianze nei vasi micenei, cretesi, greci che troviamo nei musei o fotografati nei libri.
In diverse rappresentazioni etrusche troviamo viti, persone con calici, otri, abbiamo vaselame con pampini stilizzati.
I reperti archeologici e storici fanno risalire la storia della vite ai Fenici, che dovrebbero essere stati gli importatori di questa pianta in Sicilia.
Nel secondo dopoguerra, Ancel Keys, un biologo e fisiologo statunitense che si occupava di nutrizione ha effettuato diversi studi, vivendo anche in Italia e possiamo considerarlo il “padre” della dieta mediterranea (ne parliamo in un altro articolo a breve).
Nei suoi studi notò anche come nei paesi del bacino del Mediterraneo il vino rosso fosse sempre presente a tavola. E il vino rosso entrò così nell’immaginario delle cose salutari associate alla “dieta mediterranea”.
Negli anni ’80 del secolo scorso, alcuni ricercatori francesi, per cercare di dare un nome a effetto per un fenomeno che avevano osservato, coniarono la famosa espressione “the French paradox” (il Paradosso Francese).
Il Paradosso Francese sarebbe quel fenomeno per il quale i francesi, seppur con un’alimentazione ricca di grassi animali saturi, presentavano una bassa incidenza di malattia cardiaca coronarica.
Un’osservazione, cioè, che contraddiceva tutta la ricerca nel campo nutrizione-malattie cardiovascolari iniziata poco dopo la II guerra mondiale, più di 30 anni prima.
Davvero, questa cosa contraddiceva tutti i dati raccolti in tutte le altre parti del mondo e agli scienziati i dati che contraddicono tutto il resto piacciono molto, perchè stuzzicano il pensiero.
Bisogna trovare una spiegazione! Agli scienziati piace molto capire e spiegare, quindi ci sono andati a nozze.
L’osservazione successiva fu che i francesi, rispetto alle altre popolazioni studiate, bevevano più vino di tutti, in special modo rosso.
Ed ecco la spiegazione! Il vino rosso contiene sostanze protettive per la salute del cuore e del sistema circolatorio.
Facciamo 2+2: in italia si beve vino rosso dalla notte dei tempi, l’Italia ha un numero di persone con malattie cardiovascolari simili alla Francia.
La somma dà 4: l’abitudine di bere vino rosso degli italiani è positiva per la salute.
E via a supportare studi sulla composizione del vino rosso. Che contiene tante sostanze, tra cui una, oramai super famosa, il resveratrolo.
Ecco com’è iniziata questa narrativa, che continua perché il vino è buono ed è importante per la nostra economia.
La teoria del French Paradox è stata confutata:
al tempo della raccolta dei primi dati i francesi mangiavano in realtà in modo molto più salutare delle popolazioni con cui erano stati confrontati
il vino rosso non ha alcuna azione protettiva sulla nostra salute
Il resveratrolo, la super star di questa narrazione, ha, in letteratura, dati contrastanti sulla propria efficacia se assunto come integratore (attenzione al dosaggio, senti il parere di un professionista della nutrizione e non fare il fai da te).
Il gruppo di molecole al quale il resveratrolo appartiene – i polifenoli – hanno, invece, dimostrato negli anni, di essere efficaci in prevenzione, sopratutto se assunti con il cibo.
Il vino, chimicamente, è una soluzione di diversi composti, in alcool etilico.
L’alcool etilico è il solo composto della famiglia chimica degli alcooli che possiamo metabolizzare senza morirne.
L’alcool etilico, come tutti gli alcooli, ha proprietà microbicide (cosa stiamo usando da due anni per disinfettare? Alcool diluito), quindi è dannoso per tutti i nostri microbioti: intestinale, cutaneo, polmonare, vaginale, oculare, …per tutti.
L’alcool etilico non ci fa bene, non ne esiste una quantità minima raccomandata, va consumato raramente, meglio ancora non consumato, soprattutto se in presenza di malattie importanti.
Quindi, godiamoci il nostro bicchiere di vino quando siamo con gli amici (uno, non mezza bottiglia), non consumiamolo tutti i giorni e, soprattutto, smettiamola di dire che è una fonte di resveratrolo.
Il vino è una fonte di alcool etilico. Cambiamo la narrativa per migliorare la nostra salute.
Lo so, questo articolo scatenerà polemiche infinite, ma era il momento di non stare più zitta.
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La parola “dieta” deriva dal greco e significa “stile di vita”.
I miei pazienti lo sanno, perché lo dico in continuazione.
L’idea che nel mio studio si debba venire quando si è disperati – per una questione di peso o di salute – come ultima spiaggia, perché si uscirà con qualcosa di terribilmente privativo e triste, proprio non mi va giù.
Un’altra cosa che mi scoccia parecchio è, quando ho a che fare con persone che non mi conoscono, che a pranzo o cena, tutti dicono di non guardare nel loro piatto o chiedono a me cosa mangerò. Pensando che io al ristorante chieda la bistecchina con l’insalata!!
Allora, mettiamolo in chiaro una volta per tutto:
dieta non è mangiare petto di pollo scondito e spinaci al vapore senza sale
dieta non è privarsi di ogni gioia a tavola per rientrare nei jeans
dieta non è smettere di uscire con gli amici altrimenti non si dimagrisce
dieta non è intristirsi a tavola finché non si torna nella taglia desiderata
dieta non è seguire un protocollo nutrizionale fino al prossimo esame del sangue per vedere come va il colesterolo
Una cosa molto importante da ricordare sempre è che
dieta non è solo quello che mangi
Dieta è
- le scelte nutrizionali che fai
- le scelte che fai al momento della spesa
- come decidi di cucinare i tuoi pasti
- con chi consumi il tuo cibo
- gli orari in cui mangi
- i piatti e le posate che usi
- se usi integratori, quali assumi
Ma dieta è anche:
- come affronti la giornata
- le persone che decidi di avere nella tua vita
- l’attività fisica che fai e quanta ne fai
- le tue ore di sonno
- le tue ore di svago
- le cose che ti piace fare e il tempo che dedichi a queste
- i pensieri che ti accompagnano nei vari momenti della giornata e a quali presti attenzione
- le scelte che fai e quelle che non fai
Quindi, cosa aspettarsi da un incontro con me?
Sicuramente un protocollo nutrizionale (e includo quello di integrazione in questo), ma che cerco di creare tenendo conto della tua situazione di salute e della tua vita.
Non è necessario mangiare cibi tristi e sconditi per tutelare e migliorare la nostra salute, ma è importante scegliere quali e quanti cibi mettere a tavola.
Sicuramente io chiedo di cercare di organizzare i pasti e la spesa, ma lo faccio, appunto, perché tu inizi a prenderti cura di te e a dedicare le giuste attenzioni alla tua alimentazione.
Questa è la cosa più importante: iniziare a pensare a come ci nutriamo come modo per prendersi cura di sé.
Un atto di amore e attenzione verso di te.
Ed è una cosa importantissima.
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Un dolcino ogni tanto è ammesso in qualsiasi regime nutrizionale, con le dovute accortezze: di preparazione e di frequenza di consumo.
Per me è molto importante anche preservare la tradizione del giorno di Festa a tavola e, in occasione di un pranzo domenicale estivo in famiglia, ho pensato a un budino senza zucchero, senza glutine, senza lattosio o caseine.
Un budino adatto praticamente a tutti: per un’alimentazione antinfiammatoria, chetogenica, per celiaci, per intolleranti al lattosio. Fresco e profumato, indicato per l’estate e per qualsiasi periodo dell’anno
Ho usato i prodotti di Chokkino un’azienda che mi piace molto. Ho anche un codice sconto attivato per i miei pazienti e followers, potete chiedermelo in un messaggio su instagram!
Ingredienti (per 4 budini monoporzione)
250 ml di acqua
3 misurini di latte di cocco in polvere Livebetter (l’azienda del Chokkino)
3 misurini di cacao amaro Livebetter
2 uova da galline felici
Procedimento
Scaldate l’acqua e sciogliete il latte di cocco in polvere (come alternativa, vanno bene 300 ml di latte di cocco cena zucchero, oppure 4 cucchiai di latte di cocco “fullfat” diluito in 250 ml di acqua).
Aggiungete le due uova e mescolate molto bene, velocemente, in modo che le uova non si cucinino.
Aggiungete il cacao amaro e mescolate benissimo, non devono formarsi grumi!
Mettete 4 stampini monoporzione di silicone (o di alluminio, ma sapete che non amo gli usa-e-getta) nella pentola a pressione e riempiteli con il composto, poi copriteli con un pezzetto di carta stagnola.
Aggiungete sul fondo della pentola due dita di acqua, chiudete la pentola a pressione e cucinate 12-15 minuti dal fischio (fate le prove, io oramai conosco le mie pentole a pressione meglio di me stessa e so sempre quanto tempo mi serve per ogni preparazione). in alternativa, cucinate, sempre a bagnomaria, in forno a 150°, per 30-45 minuti, anche qui dipende dal forno.
Scaduto il tempo, sfiatate la pentola a pressione immediatamente ed estraete i vostri stampini.
Lasciateli una notte in frigorifero, potete anche lasciali un giorno e una notte, diventeranno ancora più “cioccolatosi”.
Al momento di servirli, sformateli su dei piattini e guarnite a piacere. io ho usato due fragole, un poco di cocco rapè e la granella di cacao caramellata, sempre di Livebetter. Questa guarnizione è adatta per un’alimentazione antinfiammatoria, senza glutine e senza latticini
Se seguite un’alimentazione di tipo chetogenico (o antinfiammatorio), potete usare un ciuffo di panna di cocco.
Leggiamo sempre più spesso di alimenti funzionali e super foods, cosi come di Nutrizione Funzionale e spesso come se fossero la stessa cosa.
Non è propriamente cosi
Gli alimenti, per dirsi funzionali, devono apportare a chi li assume benefici che superino il loro valore nutrizionale
sui suoi organi – che lo consuma.. Comprendono una vasta gamma di cibi, tra cui, alcuni tipi di prodotti industriali. Da definizione, un alimento funzionale possiede una bioattività, cioè è in grado di svolgere un’azione sull’organismo vivente – o
Vi rimando all’interessante articolo della mia collega Dottoressa Giovanna Pitotti per un bell’approfondimento, qui
La Nutrizione Funzionale è una disciplina che aggiunge all’approccio della Medicina Funzionale la parte nutrizionale.
Come per la Medicina Funzionale, anche per la Nutrizione Funzionale, il paziente è al centro di tutto l’intervento. Intervento volto ripristinare un equilibrio che è venuto a mancare in un momento del passato e che ha causato un “crollo del sistema” della persona che noi professionisti abbiamo davanti.
Inoltre, la condizione del paziente non è vista come uno stato, ma come un processo, qualcosa di dinamico e il Nutrizionista Funzionale deve occuparsi del passato e del futuro del suo paziente, non soltanto del suo presente.
Per questo motivo, il percorso insieme non sarà limitato a poche settimane e i piani nutrizionali potranno essere diversi durante il cammino insieme, in modo da far fronte alle mutate esigenze della persona che si rivolge a noi.
In Nutrizione Funzionale, si prende in considerazione la bioattività, o la potenziale bioattività, di ogni alimento, non solamente di quelli considerati funzionali per convenzione.
I frutti rossi, l’olio extravergine di oliva, il cioccolato, sono alimenti che rientrano nella definizione ufficiale di “funzionale”, ma chi si occupa di Nutrizione Funzionale non solo conosce tutte le proprietà di questi cibi oramai famosissimi, sa anche che carboidrati, grassi e proteine hanno una bioattività. In aggiunta, sa che alcuni alimenti noti ai più perché “salutari” possono, in alcuni casi patologici, o di squilibri ormonali, fare più male che bene. In questi casi, quindi, ne limiterà o escluderà l’assunzione, per periodi più o meno lunghi. di bas
Pertanto, a partire dagli effetti bioattivi dei macronutrienti – glucidi, protidi, lipidi – sino ad arrivare a quelli dei microelementi – vitamine, sali minerali – per proseguire con l’acqua, il Nutrizionista Funzionale potrà stilare uno o più piani tagliati sartorialmente per la persona che a lei o lui si rivolge.
L’integrazione riveste un ruolo importante in Nutrizione Funzionale, da suggerire ovviamente soltanto in caso di necessità accertata. La scelta delle combinazioni di supplementi alimentari (gli integratori) si affiancherà a quella delle aziende produttrici piu serie in termini di produzione e scelta delle materie prime.
Oltre a ciò, chi si occupa di Nutrizione Funzionale, prende in considerazione aspetti non propriamente nutrizionali della vita dei suoi pazienti, quali, per esempio, l’atteggiamento alle eventuali patologie, il racconto interiore, l’attivita fisica, la socializzazione. Potrà quindi suggerire ai propri pazienti di rivolgersi ad altri professionisti, per indicarne due tra i tanti, psicologi e personal trainer.
In conclusione: conoscere tutti gli alimenti funzionali disponibili e occuparsi di Nutrizione Funzionale non sono la stessa cosa, il secondo approccio sposta l’asticella dell’approccio nutrizionale un po’ più avanti, verso quello che io e alcuni miei colleghi pensiamo che sarà il futuro della nostra disciplina.
Referenze
https://www.nutrition.org.uk
https://www.eatright.org